Classificare i rifiuti. Il primo passo per il corretto recupero

I passi per il corretto recupero e smaltimento dei rifiuti: le tipologie di rifiuti, classificazione del rifiuto, caratteristiche di pericolosita e codice cer

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Può sembrare una domanda inutile, banale.

E’ banale per noi perché viviamo nel mondo di oggi.

Noi, oggi, facciamo parte di un sistema sociale ed economico che considera il rifiuto non più un semplice “scarto” ma una parte della vita quotidiana. A noi sembra naturale, quasi banale, ma non è sempre stato così. Abbiamo ormai accettato l’idea che il rifiuto, una volta lasciato il luogo dove è stato prodotto (l’ufficio, la fabbrica, l’abitazione), possa continuare ad avere una sua “vita”.

MOLTE TIPOLOGIE. MOLTE CLASSIFICAZIONI.

Le tipologie di rifiuti prodotti a livello industriale, civile o agricolo, devono essere identificate in modo preciso ed univoco a seconda della natura e origine dei rifiuti stessi.

Ad ogni tipo di rifiuto corrispondono, secondo le normative vigenti, specifici metodi di raccolta e smaltimento.

E’ evidente quindi che ad una corretta classificazione corrisponde una raccolta più precisa ed efficiente e quindi una valorizzazione maggiore del rifiuto.

Perché il rifiuto classificato è un vero e proprio prodotto, una vera e propria materia prima. Con una sua vita commerciale e, soprattutto un proprio valore economico.

I RIFIUTI SPECIALI: LE CLASSIFICAZIONI

Nell’ambito dell’enorme varietà di scarti e rifiuti prodotti dalle attività economiche e produttive esiste una grande e primaria suddivisione: in base alla loro origine i rifiuti si classificano in rifiuti urbani e rifiuti speciali; in base alla pericolosità invece si dividono in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.

Rifiuti speciali: sono i rifiuti derivanti da attività produttive di industrie ed aziende, gestiti e smaltiti da aziende autorizzate. In particolare, secondo il Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 e successive modifiche ed integrazioni, sono rifiuti speciali:

  • a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali;
  • b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo;
  • c) i rifiuti da lavorazioni industriali, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 8, comma 1, lettera f-quater);
  • d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;
  • e) i rifiuti da attività commerciali;
  • f) i rifiuti da attività di servizio;
  • g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;
  • h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie;
  • i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti;
  • l) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti.
  • l-bis) il combustibile derivato da rifiuti qualora non rivesta le caratteristiche qualitative individuate da norme tecniche finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale.

Rifiuti speciali non pericolosi: sono i rifiuti che non contengono al loro interno sostanze considerate pericolose.

Rifiuti speciali pericolosi: sono i rifiuti speciali che contengono al loro interno un’elevata concentrazione di sostanze inquinanti.

CARATTERISTICHE DI PERICOLOSITA’

Un rifiuto ha caratteristiche di pericolosità se è: esplosivo, comburente, infiammabile, irritante, tossico, cancerogeno, corrosivo, infettivo, mutageno, sensibilizzante, ecotossico.

Rifiuto esplosivo:

secondo la Direttiva 2008/98/CE, è il rifiuto che può, per reazione chimica, sviluppare gas a una temperatura, una pressione e una velocità tali da causare danni nell’area circostante. Sono inclusi i rifiuti pirotecnici, i rifiuti di perossidi organici esplosivi

Rifiuto comburente:

Secondo la Direttiva 2008/98/CE, è il rifiuto capace, in genere per apporto di ossigeno, di provocare o favorire la combustione di altre materie.

Rifiuto infiammabile:

Secondo la Direttiva 2008/98/CE, è il rifiuto: liquido infiammabile rifiuto liquido il cui punto di infiammabilità è inferiore a 60 °C oppure rifiuto di gasolio, carburanti diesel e oli da riscaldamento leggeri il cui punto di infiammabilità è superiore a 55 °C e inferiore o pari a 75 °C;
solido e liquido piroforico infiammabile rifiuto solido o liquido che, anche in piccole quantità, può infiammarsi in meno di cinque minuti quando entra in contatto con l’aria;
solido infiammabile rifiuto solido facilmente infiammabile o che può provocare o favorire un incendio per sfregamento;
gassoso infiammabile rifiuto gassoso che si infiamma a contatto con l’aria a 20 °C e a pressione normale di 101,3 kPa;
idroreattivo rifiuto che, a contatto con l’acqua, sviluppa gas infiammabili in quantità pericolose;
altri rifiuti infiammabili aerosol infiammabili, rifiuti autoriscaldanti infiammabili, perossidi organici infiammabili e rifiuti autoreattivi infiammabili.

Rifiuto irritante:

Irritazione cutanea e lesioni oculari: secondo la Direttiva 2008/98/CE, è il rifiuto la cui applicazione può provocare irritazione cutanea o lesioni oculari.

Rifiuto tossico:

secondo la Direttiva 2008/98/CE, ci sono diverse forme di tossicità: Tossicità specifica per organi bersaglio (STOT)/Tossicità in caso di aspirazione: rifiuto che può causare tossicità specifica per organi bersaglio con un’esposizione singola o ripetuta, oppure può provocare effetti tossici acuti in seguito all’aspirazione.
Tossicità acuta: rifiuto che può provocare effetti tossici acuti in seguito alla somministrazione per via orale o cutanea, o in seguito all’esposizione per inalazione.
Tossico per la riproduzione: rifiuto che ha effetti nocivi sulla funzione sessuale e sulla fertilità degli uomini e delle donne adulti, nonché sullo sviluppo della progenie.
Liberazione di gas a tossicità acuta: rifiuto che libera gas a tossicità acuta (Acute Tox. 1, 2 o 3) a contatto con l’acqua o con un acido.
Rifiuto cancerogeno: secondo la Direttiva 2008/98/CE, è il rifiuto che causa il cancro o ne aumenta l’incidenza.

Rifiuto corrosivo:

secondo la Direttiva 2008/98/CE, è il rifiuto la cui applicazione può provocare corrosione cutanea.

Rifiuto infettivo:

secondo la Direttiva 2008/98/CE, è il rifiuto contenente microrganismi vitali o loro tossine che sono cause note, o a ragion veduta ritenuti tali, di malattie nell’uomo o in altri organismi viventi.

Rifiuto mutageno:

secondo la Direttiva 2008/98/CE, è il rifiuto che può causare una mutazione, ossia una variazione permanente della quantità o della struttura del materiale genetico di una cellula.

Rifiuto sensibilizzante:

secondo la Direttiva 2008/98/CE, è il rifiuto che contiene una o più sostanze note per essere all’origine di effetti di sensibilizzazione per la pelle o gli organi respiratori.

Rifiuto ecotossico:

secondo la Direttiva 2008/98/CE, è il rifiuto che presenta o può presentare rischi immediati o differiti per uno o più comparti ambientali.

Rifiuto che non possiede direttamente una delle caratteristiche di pericolo summenzionate ma può manifestarla successivamente:

secondo la Direttiva 2008/98/CE, è il rifiuto che contiene una o più sostanze contrassegnate con una delle indicazioni di pericolo o con una delle informazioni supplementari sui pericoli, a meno che si presenti sotto una forma tale da non potere in nessun caso manifestare caratteristiche esplosive o potenzialmente esplosive.

Rifiuti ingombranti:

sono i rifiuti di grandi dimensioni non smontabili e riciclabili nei vari componenti.

Rifiuti urbani per assimilazione:

secondo il Decreto legislativo 152/2006, sono rifiuti urbani anche “i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità”.

Rifiuti speciali assimilabili agli urbani:

secondo il Decreto legislativo 152/2006, sono rifiuti speciali che possono essere conferiti, a discrezione del produttore o del detentore del rifiuto ed in base a apposita convenzione-contratto, al gestore del servizio pubblico se quest’ultimo fornisce tale servizio.

Sottoprodotto:

secondo il Decreto legislativo 152/2006, è un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:

  • a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
  • b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
  • c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
  • d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

I CODICI CER PER LA CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI A LIVELLO EUROPEO

Una volta classificato e definito il rifiuto può partire il ciclo dedicato al suo trattamento.

In questo processo interviene la normativa europea mediante l’applicazione di una tabella di codici univoci: il Codice CER (o Catalogo Europeo dei Rifiuti), un codice numerico necessario per identificare un rifiuto in base al processo produttivo da cui è originato.

Attribuzione codice CER:

la corretta attribuzione del codice CER è fondamentale per i rifiuti speciali in quanto consente di identificare la pericolosità del rifiuto ed è il presupposto per il corretto adempimento degli obblighi del Produttore e dei gestori del rifiuto.

L’errata attribuzione del codice CER può di conseguenza comportare altre violazioni per cui sono previste sanzioni, come per esempio il conferimento del rifiuto a terzi non abilitati alla gestione del rifiuto con quel particolare codice CER.

CONCLUSIONI

Il trattamento dei rifiuti speciali, cioè quelli di origine industriale, agricola e dei servizi, è in genere accompagnato da uno specifico iter burocratico, diverso per alcune tipologie di rifiuti, che ne consente la tracciabilità e la contabilità. I rifiuti pericolosi vengono sottoposti a controlli più precisi e stringenti, proprio in virtù della loro estrema tossicità o pericolosità.

Certo tutto quanto questo processo ha un costo, in termini di risorse, di tempo, di ore di lavoro, di professionalità coinvolte.

Più il processo è reso agevole dalle tecnologie e dalle metodologie e più diventa virtuoso, sia economicamente che in termini di riduzione dell’impatto ambientale.

Anche e soprattutto in questo campo l’innovazione tecnologica può incrementare l’efficienza e ridurre i costi.

In ultima analisi Classificare bene i rifiuti prodotti fa bene sia all’economia che all’ecologia.